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Dopo l’incarcerazione di Nicolas Sarkozy: cosa succede ora?

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L’ingresso in istituto penitenziario di Nicolas Sarkozy ha prodotto l’immediata attivazione dei rimedi processuali che l’ordinamento francese appronta quando la pena inizia a essere eseguita prima della definizione del giudizio d’appello. In questa fase, non si decide (ancora) sul merito della responsabilità, ma esclusivamente sulla legittimità e proporzionalità della privazione della libertà in pendenza di gravame, e sulla tenuta logico-giuridica dei capi di condanna destinati a essere riesaminati nel 2026.



L’istanza di “mise en liberté”: oggetto, tempi e criteri di valutazione


La mise en liberté è stata formalmente depositata e dovrà essere discussa davanti alla Cour d’appel de Paris entro un mese. È un giudizio incidentale, circoscritto alla libertà personale dell’imputato fino all’udienza d’appello nel merito. Il collegio non rivaluta i fatti, ma soppesa se la detenzione intramuraria sia ancora necessaria e proporzionata rispetto agli obiettivi di prevenzione che la giustificano.


I parametri di controllo sono noti: rischio di fuga, rischio di reiterazione o recidiva, rischio di pressioni sui testimoni o di inquinamento probatorio, nonché le garanzie personali offerte dall’interessato (radicamento, condotta processuale, disponibilità a misure alternative). Si aggiunge un profilo che, nel caso di un ex Capo dello Stato, assume un valore peculiare: la sicurezza personale e l’esigenza di evitare che la pena provvisoria si trasformi in una sanzione simbolica prima dell’appello, in potenziale frizione con il principio di proporzionalità e con la presunzione d’innocenza processuale.


L’esito possibile è tripartito. L’istanza può essere accolta, con liberazione e applicazione di misure sostitutive (controllo elettronico, obblighi di presentazione, restrizioni di contatto e di viaggio); può essere rigettata, con mantenimento in carcere sino a nuova decisione o fino all’udienza di merito; oppure può condurre a una rimodulazione del regime (ad esempio, una semi-libertà), qualora la Corte ritenga sproporzionato l’internamento pieno ma non sufficiente la semplice liberazione.



Il perimetro dell’appello nel merito: primavera 2026


La discussione nel merito è calendarizzata per la primavera 2026. In quella sede, la Corte d’appello esercita un pieno potere di riesame: può confermare, riformare o annullare i capi di condanna e le qualificazioni giuridiche, rivalutando attendibilità, rilevanza e concatenazione degli elementi probatori. È dunque l’occasione in cui sarà vagliata la struttura logica del decisum, soprattutto nel rapporto tra i capi assolutori e la permanenza della condanna per association de malfaiteurs.



Il nodo logico: assoluzioni diffuse e sopravvivenza dell’“association de malfaiteurs”


Il cuore del dibattito è semplice da enunciare e complesso da risolvere: come giustificare la sopravvivenza del reato di association de malfaiteurs se, per il resto, il giudice ha assolto dalle altre ipotesi criminose o ne ha escluso gli elementi tipici? Il diritto penale francese qualifica l’“association” come reato autonomo e di pericolo, volto a reprimere l’accordo stabile finalizzato alla preparazione di crimini o delitti. In astratto, può sussistere anche senza che i reati-fine siano stati effettivamente consumati. Ma proprio perché la fattispecie anticipa la soglia di tutela, la motivazione che la sorregge deve essere più densa: non basta evocare un generico “clima d’intesa”, occorre dimostrare progetto criminoso concretamente prefigurato, ripartizione di ruoli, atti preparatori univoci.


Quando il giudice assolve dai reati-fine con formule che evocano assenza del fatto, insufficienza della prova o inidoneità degli indizi a sostenere la tipicità delle condotte, il mantenimento del solo reato associativo esige una spiegazione stringente: quali reati erano oggetto di preparazione? Quale fu l’apporto causale personale dell’imputato? Quali atti preparatori, specifici e non equivoci, sono stati provati? E, non ultimo, come si concilia la permanenza dell’“association” con il riconoscimento – in altre parti del dispositivo – dell’assenza di profitto personale o di appropriazione delle somme?


È su questo crinale che si misurerà la coerenza sistematica della decisione finale. Una condanna per “association” che sopravvivesse a una serie di assoluzioni “di contesto” dovrebbe poggiare su un corpo motivazionale particolarmente robusto; in difetto, l’impianto rischia di apparire contraddittorio, perché trasformerebbe la fattispecie associativa in un contenitore residuale e meramente reputazionale.



Proporzionalità e tenuta costituzionale della detenzione provvisoria


In attesa dell’appello, l’ordinamento impone che la detenzione, se mantenuta, sia proporzionata e necessaria. Il parametro non è politico, ma giuridico: necessità, adeguatezza e minor sacrificio possibile. Nel caso Sarkozy, la pendenza dell’appello con un orizzonte temporale non brevissimo rende più esigente il dovere di motivazione del mantenimento in carcere: quanto più l’udienza nel merito è distante, tanto più la privazione prolungata della libertà deve trovare giustificazione in rischi concreti e non in un’esigenza punitiva anticipata. Qui si inserisce una lettura pro-Sarkozy: l’assenza di comportamenti elusivi, la collaborazione processuale e le garanzie personali storicamente riconosciute invitano a preferire, salvo elementi contrari specifici, misure meno afflittive.



Cosa attendersi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi


Nell’immediato, l’attenzione è tutta sull’udienza di mise en liberté: la decisione, qualunque essa sia, inciderà sul regime di esecuzione fino al 2026. Se la liberazione sarà concessa, l’esecuzione verrà sospesa o modulata con cautele adeguate; se invece sarà respinta, potranno seguire nuove istanze in presenza di fatti sopravvenuti o alla luce del tempo trascorso. Parallelamente, il fascicolo per l’appello dovrà essere riordinato intorno ai punti dirimenti: tipizzazione dei reati-fine assunti a riferimento dalla “association”, univocità degli atti preparatori richiamati in motivazione, apporto causale personale dell’imputato, rapporto tra i capi assolutori e la condanna residua.



Una chiosa necessaria: uguaglianza, non esemplarità


L’incarcerazione di un ex Presidente può essere letta come segno di eguaglianza davanti alla legge. Ma l’eguaglianza non si misura nella severità simbolica, bensì nella coerenza delle ragioni che sorreggono la decisione. In un sistema di garanzie, la privazione della libertà prima della definizione dell’appello deve rimanere eccezione motivata, non norma di fatto. Da qui la nostra valutazione – ferma ma misurata – favorevole a una lettura rigorosa dei requisiti della detenzione e, soprattutto, a una motivazione di merito capace di sciogliere il nodo logico dell’“association de malfaiteurs” che sopravvive accanto a molte assoluzioni.


In sintesi: entro un mese la Cour d’appel di Parigi deciderà sulla mise en liberté; il merito sarà discusso nella primavera 2026. Fino ad allora, la questione centrale non è “che cosa dovrebbe fare la difesa”, ma se la detenzione provvisoria sia necessaria e coerente con i principi di proporzionalità, e come la Corte motiverà, sul piano logico e probatorio, la permanenza del solo titolo associativo a fronte di capi assolutori che sembrano ridurre l’orizzonte dei reati-fine.

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